Antitrust, multe milionarie a Wind e Vodafone: non fanno offerte chiare, secondo le norme anti-monopolio che regolano la concorrenza. Vittime gli ex clienti di telefonia mobile, contattati via sms.
Antitrust, multe milionarie a Wind e Vodafone, perché “da giugno 2018 non hanno fornito informazioni chiare ed immediate nella promozione di offerte personalizzate di windback per i servizi di telefonia mobile”. Si tratta di offerte “rivolte ad ex clienti, contattati prevalentemente tramite sms, limitandosi ad indicare le sole condizioni del piano tariffario proposto in termini di prezzo e traffico incluso ed omettendo nel messaggio, viceversa, di dar conto di ulteriori costi o di vincoli di fruizione delle offerte”.
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Un modo di rapportarsi ai clienti che l’Antitrust, giudica “idonea ad indurre in errore il consumatore medio in ordine al contenuto della proposta ed a fargli assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”. Per l’Authority, inoltre, le due società “hanno pre-attivato diversi servizi o opzioni aggiuntivi rispetto all’offerta principale, con aggravio di costi, senza il preventivo consenso del consumatore”.
Antitrust, multe milionarie a Wind e Vodafone. L’autorità, infatti, a conclusione delle due istruttorie aperte sui due gestori di telefonia mobile, ha sanzionato per 4,3 milioni di Euro la Wind Tre e per 6 milioni di Euro la Vodafone. Un provvedimento che si aggiunge ai molti altri eseguiti in quest’ultimo anno.
Da gennaio 2018 a giugno 2019, infatti, dall’Antitrust “sono state comminate sanzioni per un ammontare superiore a 1 miliardo e 277 milioni di euro, di cui oltre 1 miliardo e 192 milioni in sede di enforcement antitrust e oltre 85 milioni in materia di tutela del consumatore”. E’ quanto ha dichiarato il presidente dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Roberto Rustichelli, nella sua prima relazione annuale. Per la tutela della concorrenza “sono stati chiusi 13 procedimenti per intese, 11 per abuso di posizione dominante e 5 per concentrazioni.
Il problema più grande resta la concorrenza fiscale. “La concorrenza fiscale genera esternalità negative che costano a livello globale 500 miliardi di dollari l’anno, con un danno per l’Italia tra i 5 e gli 8 miliardi di dollari l’anno”, ha osservato Rustichelli, esaminando la “malsana competizione frutto di egoismi nazionali” rappresentata dal dumping fiscale. “Una concorrenza “di cui beneficiano le più astute multinazionali” pone le imprese italiane, “in una situazione di grave svantaggio competitivo”.
I gruppi multinazionali reagiscono alla concorrenza fiscale localizzando le loro imprese più profittevoli proprio nei Paesi europei con una tassazione più favorevole”, aggiunge Rustichelli nel suo rapporto, sottolineando che “se alcuni Paesi ci guadagnano, è l’Unione europea a perderci”. “Ciò non solo drena risorse dalle economie in cui il valore è effettivamente prodotto, ma riduce nel complesso la capacità della collettività di raccogliere risorse, in tal modo impedendo una più equa tassazione dei profitti delle imprese”.