Il bullismo: un fenomeno che ha tante facce. Dal bullo violento, al cyberbullismo al bullo socialmente dominante, apparentemente innocuo. Alcuni studi gettano luce sul fenomeno bullismo, che spesso ha origine nelle violenze domestiche.
Ormai alla vecchia concezione dei bullismo e di bullo violento, se ne stanno aggiungendo altre. Se i ragazzini violenti sono chiamati bulli, da nuovi studi e tramite l’uso improprio di tecnologie, i profili dei cosiddetti bulli sono aumentati.
«Nella mia ricerca è emerso che molte volte i bulli, nelle scuole, continuano le molestie online», afferma Calli Tzani-Pepelasi, docente di psicologia investigativa all’Università di Huddersfield. «Possono anche essere seduti uno accanto all’altro, ma preferiscono opprimersi a vicenda attraverso i social media: in questo modo le loro azioni possono essere viste da più persone e trasmettere loro un senso di notorietà».
Il cyberbullismo, una forma più recente di molestia, sempre più diffusa, è causa di disagi per molte persone, tra cui i bambini. Se nella classica definizione di bullismo, per essere tale, l’intimidazione deve essere reiterata, sulla rete basta anche un solo episodio.
«Per essere considerato bullismo deve succedere più di una volta?», chiede Dorothy Espelage, professoressa di educazione all’Università della Carolina del Nord. «Probabilmente no, quando si pubblica qualcosa che ha raggiunto un milione di persone».
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E, se di cyberbullismo si era sentito parlare, il profilo psicologico del “bullo-leader” è ancora più sottile. Non è violento, è bravo a scuola, riscontra approvazione tra i ragazzi, ma vuole a tutti i costi dominare. «Se mi stai prendendo in giro, e tu sei popolare, ma io no, quella differenza di “potere” mi rende difficile difendermi», spiega Espelage. «I bulli socialmente dominanti vogliono essere i leader e il modo in cui lo fanno è cercare di spingere gli altri bambini verso il basso, nella gerarchia».
Da un nuovo studio americano emerge infatti che il bullismo è una forma di aggressione tra persone o gruppi con diversi livelli di potere, elemento chiave che non spiega le ragioni del perché si diventi prepotenti o le tremende conseguenze che le vittime subiscono, ma getta luce sul fenomeno.
Che, inteso in maniera tradizionale, ha spesso le sue origini in violenze subite. Continua la professoressa Dorothy Espelage: «La violenza domestica e l’aggressività tra fratelli sono ancora sempre considerati fattori che possono portare i bambini a diventare bulli, non sono le uniche cause.
I bambini che crescono in case violente, ma che a scuola seguono un programma anti-bullismo e respirano un’atmosfera di supporto, non diventeranno necessariamente bulli».
Non disperiamo quindi. Ma attenti anche al bullismo online, spesso non dichiarato dai bambini e a quello sottile del bullo socialmente dominante, che ama umiliare gli altri. Potrebbero essere situazioni di disagio che non vengono spesso considerate.
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