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Cronaca

Venezia, un miliardo di danni: ecco perché il Mose non viene attivato

Con la drammatica emergenza acqua alta a Venezia, il Mose che doveva proteggere la città rimane inattivo. Questo perché non è stato ancora completato nonostante anni di lavoro e miliardi investiti.

Venezia perché il Mose non viene attivato – meteoweek.com

Venezia finisce sott’acqua, la Basilica di San Marco è in pericolo, eppure lo scudo protettivo che sta proprio là davanti non viene attivato. Il Mose, acronimo che sta per Modulo Sperimentale Elettromeccanico, venne pensato già negli anni Ottanta, eppure non è ancora entrato in funzione: esso infatti non è stato ancora terminato e neppure collaudato. L’obiettivo ora è che entri in funzione nel 2021, se non sarà troppo tardi.

Al Corriere della Sera il professor Francesco Ossola, ingegnere e “commissario tecnico” del Mose, ha spiegato per quale ragione non sono state alzate le paratie due sere fa per impedire all’acqua alta di sommergere Venezia. L’opera non è ancora conclusa e non sono stati neppure effettuati test e collaudi.

Venezia Mose – movimentazione della barriera nord – meteoweek.com

Non funziona ancora, nonostante una gestazione lunga quasi 40 anni, né si sa se mai funzionerà correttamente.  è una barriera fra la laguna di Venezia e il Mar Adriatico che avrebbe dovuto evitare gli allagamenti ma che non è stato ancora completato, tra ritardi, scandali giudiziari e miliardi di euro. Francesco Ossola, ingegnere, docente universitario a Torino, è il “commissario tecnico” del Mose e in un’intervista rilasciata al Corriere ha spiegato lo stato dell’opera: “Nel 2019 erano previsti solo dei test di sollevamento che stiamo svolgendo e lo avevamo scritto al ministero delle Infrastrutture lo scorso 10 dicembre. E comunque non siamo certo noi commissari a poter decidere se alzarlo, serve una cabina di regia istituzionale”.

Da due giorni il MOSE è al centro delle polemiche. C’è chi ne contesta da sempre la realizzazione, come l’ex sindaco Massimo Cacciari, sostenendo che non è la soluzione all’acqua alta bensì parte del problema. Altri si chiedono come mai non sia mai entrato in funzione e c’è persino chi avrebbe auspicato maggior “coraggio” da parte di Ossola, che avrebbe dovuto alzare le paratie nonostante non si sappia ancora se siano efficaci e non siano stati neppure ultimati i lavori. Il commissario spiega: “Il cronoprogramma prevedeva per quest’anno solo test, bocca per bocca. Dobbiamo tarare le parti meccaniche e il software, che è un aspetto fondamentale. Quando le paratoie si alzano, soprattutto con condizioni estreme di vento come ieri, le onde ci sbattono contro violentemente e tendono ad abbassarle e un software corregge questa situazione e le riporta su, ma deve essere ancora settato. Senza aver finito questi test il rischio è che l’onda le scavalchi, creando dei danni alla città e anche alle paratoie”.

Venezia – Mose  – Schema di funzionamento delle paratie

Il commissario non avrebbe potuto azionare il Mose non solo perché l’opera non è stata neppure testata, ma anche perché per farlo non è sufficiente pigiare il classico “pulsante rosso”. Ci sono iter burocratici da rispettare, enti da coinvolgere e soprattutto personale da formare: “C’è un problema di risorse umane. Per alzarle in modalità manuale servono quattro squadre, una per ogni schiera, di una ventina di persone ciascuna. Noi ne abbiamo una, per ora, che serve per i test. Abbiamo sottoposto al Provveditorato la necessità di reclutare questi tecnici e formarli adeguatamente. Stiamo poi finendo i collegamenti per tutti gli impianti”.

L’idea di chiudere le paratie due sere fa sarebbe stata dunque impraticabile. Il MOSE non è ancora completo, non sono stati ancora eseguiti i test né il collaudo finale. La consegna dell’opera è prevista per il 31 dicembre del 2021, salvo nuovi intoppi e ritardi.

 

Venezia affonda, e il Mose non c’è: 7 miliardi buttati per vedere San Marco allagata

 

Il sistema di paratie per proteggere Venezia dall’acqua alta è stato pensato negli anni 80, iniziato nel 2003 e avrebbe dovuto essere pronto tre anni fa. Nel mezzo, 7 miliardi di spesa, maxi inchieste per corruzione e ritardi a non finire. Eccolo qua, con la Basilica di San Marco allagata e due morti, il risultato della nostra inefficienza.

 

Cronache di ordinaria acqua alta se nel frattempo non fossimo da trent’anni in ballo con la telenovela del Mose, il magico sistema di paratie mobili che dovrebbe difendere l’ecosistema fragile di una delle più belle città del mondo da eventi di questo tipo. Un’opera costata, finora, più di 7 miliardi, ancora incompleta e inadeguata – è l’evidenza drammatica di queste ore a ricordarcelo – per fronteggiare le emergenze per le quali era stata progettata.

Riavvolgiamo il nastro. L‘opera è stata pensata negli anni ’80 – ANNI OTTANTA – per difendere la laguna di Venezia da piene superiori ai 110 centimetri, come quella di oggi. Nel 2003 – sedici anni fa, quasi diciassette – sono iniziati i lavori per la sua realizzazione. Il 12 ottobre 2014 – undici anni dopo, cinque anni fa –  furono sollevate per la prima volta quattro delle 78 paratie. Nel 2016 – tre anni fa – l’opera avrebbe dovuto essere completata. In teoria, il Mose oggi dovrebbe essere pronto all’85%. In pratica, oggi siamo qui a raccontare una delle piene più devastanti degli ultimi decenni, con danni all’interno della basilica di San Marco, uno dei più importanti capolavori del nostro Paese, uno dei monumenti più visitati al mondo, che già qualcuno definisce ingentissimi.

 

 

 

In mezzo sono passati 7 miliardi di soldi pubblici, 35 arresti, 100 indagati eccellenti tra politici di primo piano e funzionari pubblici, per reati contestati quali creazione di fondi neri, tangenti e false fatturazioni, reati per i quali il presidente della regione Veneto Giancarlo Galan – sostenuto da Lega e Forza Italia – ha patteggiato una condanna per corruzione continuata da 2 anni e 10 mesi, mentre all’allora ministro dell’ambiente e delle infrastrutture Altero Matteoli, governo Berlusconi – Lega, Forza Italia e Alleanza Nazionale: ricordiamolo sempre – è toccata una condanna di quattro anni.

 

Nomi e cognomi, loro e non solo loro, che hanno enormi responsabilità del disastro attuale. E che dovrebbero farci riflettere su quali siano i mali endemici del nostro Paese e di quali siano i disastri che procurano. Lo vediamo con Ilva, l’abbiamo visto con Alitalia, lo vediamo oggi con Venezia e il disastro Mose: una quantità industriale di soldi pubblici, presi in prestito alle generazioni future, per salvataggi e grandi opere che non risolvono nulla e, nel peggiore dei casi, ingrassano le tasche e i conti in banca del politico o dell’affarista di turno, ma che lasciano irrisolti i problemi, o peggio ancora, li aggravano.

 

Oggi tocca a Venezia, in ginocchio per un acquazzone, domani chi lo sa. Ma noi, tranquilli,  continuiamo a prendercela con gli immigrati e con l’Europa, scordandoci le responsabilità politiche di chi urla nelle piazze. Salvezza assicurata, fidatevi.

 

 

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