Gabriella Farinon chi è | età vita privata | carriera marito e figli

Chi è Gabriella Farinon? originaria di Oderzo (Treviso), dove è nata sotto il segno del Leone, il 17 agosto 1941. Attrice, conduttrice ma soprattutto storica annunciatrice televisiva, è rimasta nella mente degli italiani come ‘Signorina Buonasera‘. Ha ricoperto questo ruolo, in Rai, tra il 1961 e il 1968, consacrando così la sua carriera tra le celebrità del piccolo schermo.

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Il suo volto negli anni ’60, è entrato in tantissime case degli italiani. Bellissima, raffinata, sempre sobria. Gabriella Farinon impressa nella storia della tv e nella memoria del pubblico. Cerchiamo di capire di più sulla sua storia, affondando l’occhio nel grande passato di successi Rai e in quell’Olimpo femminile che tutti conoscono come il magico gruppo delle ‘Signorine Buonasera‘!

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la famiglia di Gabriella Farinon 

Il papà di Gabriella, Raffaele Farinon, era un maresciallo della Guardia di Finanza, la mamma, Elena, una casalinga. La sorella di Gabriella, Luisa Farinon è stata sposata con l’imprenditore italiano Francesco Gaetano Caltagirone. Durante il matrimonio, durante un tentativo di furto, la donna è stata rapita insieme alla guardia del corpo.

I tempi cambiano. La Rai «Quando la Rai mi multò per aver messo una parrucca»

Gabriella Farinon insieme a Pippo Baudo

Gabriella Farinon, annunciatrice storica della tv pubblica che dall’1 giugno rinuncia alle «Signorine buonasera», racconta la sua «normale» popolarità. E dice: «La nostra immagine era di assoluta proprietà dell’azienda»

In un intervista al Corriere della Sera: da domani le «Signorine buonasera» spariranno dalla tv pubblica. Che ne pensa?

«Così com’era ora… primi piani, piani all’americana, movimenti… l’appuntamento era sconclusionato. Penso che chi paga il canone abbia diritto a capire bene la programmazione. Anche questo è servizio pubblico, e io sono legatissima alla Rai. Non ho mai accettato un invito dalle tv private».

Quindi non pensa sia un appuntamento sorpassato?
«Non tutti si informano su Internet. No, non è sorpassato. Dipende da come si propone ai telespettatori».

Lei annunciò i programmi Rai dal 1961 al ‘68 e poi, da libera professionista, ne condusse molti. Pensa che il «modello annunciatrice» abbia aiutato le donne italiane a evolversi o, al contrario, le abbia legate a uno schema maschilista?
«Noi rappresentavamo, rispetto alla cultura diffusa, un modo di essere donne contemporaneo e attuale: nel modo di vestirci, pettinarci, rivolgerci al pubblico. A tutto il pubblico, dal Nord al Sud. In quel momento la Rai era chiamata a unificare il Paese da ogni punto di vista. Quindi abbiamo oggettivamente contribuito a un’evoluzione della donna sul piano del costume, credo».

Cosa pensa della polemica sul nuovo «codice estetico» che il direttore Daria Bignardi avrebbe immaginato per Raitre, cioè basta vestiti sexy, tacchi alti, scollature?

«Quando entravamo alla Rai firmavamo un contratto in cui si specificava che la nostra immagine era di “assoluta proprietà della Rai”… Sì, oggi sembra impossibile ma era proprio così, c’era davvero scritto «proprietà della Rai». Una volta, per una scommessa tra colleghe, chiusi i programmi indossando una parrucca nera, bionda com’ero. Mi arrivò una multa salatissima. E aveva ragione la Rai! Perché occorre avere rispetto per il telespettatore, per le famiglie, per chi ti segue. Penso che Daria Bignardi abbia ragione: certe ragazze al mattino appaiono fasciate in un tubino nero corto e scollato. Ma siamo a un ricevimento notturno o in una trasmissione mattutina della Rai? Ogni ora ha le sue regole, il suo stile. Non è censura, ma buon gusto, eleganza».

In quegli anni, la Rai era l’unica tv del Paese e apparire sullo schermo portava una immensa popolarità. Come la gestiva?
«Noi stesse non ci rendevamo conto fino in fondo di cosa rappresentassimo per il grande pubblico. Per tutte noi era un lavoro come un altro: si arrivava alla Rai, si annunciava e poi tornavamo a casa ed eravamo donne normali, madri, mogli, una vita come tante. Poi, negli anni, arrivarono le copertine dei rotocalchi, le interviste. Per paradosso, mi accorgo più oggi della popolarità raggiunta in quegli anni. Molti signori di una certa età che mi fermano e mi dicono: “Ma lo sa che ero innamorato di lei…?”. Ma non potevano farsi avanti allora? Naturalmente scherzo…».

 

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