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Ilaria Alpi e Miran Hrovatin | Le iniziative a Roma il 19 e 20 settembre

25 anni dopo, inchieste, depistaggi e richiesta di archiviazione: il caso Ilaria Alpi e Miran Hrovatin due iniziative a Roma per dire #NoiNonArchiviamo. E un contributo arriva anche da Palermo con un libro

Ilaria Alpi e Miran Hrovatin | Le iniziative a Roma il 19 e 20 settembre – meteoweek.com

Due iniziative si svolgeranno a Roma nei giorni: giovedì 19 e venerdì 20 settembre per dire #NoiNonArchiviamo il caso Ilaria Alpi e Miran Hrovatin. Giovedì 19 settembre, alle 12, nella sede della Fondazione Paolo Murialdi si terrà una conferenza stampa per annunciare l’istituzione di un fondo speciale che raccoglierà tutto l’archivio di Ilaria Alpi. Mentre venerdì 20 la Fnsi, l’Usigrai, il Comitato di redazione del Tg3, Articolo 21, Libera Informazione e associazione Amici di Roberto Morrione promuoveranno un presidio davanti al tribunale di Roma in concomitanza con la nuova udienza sulla richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Roma.

Chi erano Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

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Ilaria Alpi era nata a Roma il 24 maggio del 1961. Dopo aver conseguito la maturità classica, aveva studiato lingue e aveva un’ottima conoscenza della lingua araba. Nel 1990 aveva vinto il concorso in Rai, ma prima dal Cairo aveva collaborato con Paese Sera, con L’Unità e altre testate. Miran Hrovatin era nato a Trieste l’11 settembre 1949: fotografo e operatore di ripresa assassinato a Mogadiscio il 20 marzo 1994 in Somalia, insieme alla giornalista del Tg3 Ilaria Alpi.

L’ultimo viaggio di Ilaria e Miran

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Marzo 1994: era per Ilaria Alpi il suo settimo viaggio in Somalia. Insieme a lei c’era l’operatore Miran Hrovatin di Trieste. È stato il loro ultimo viaggio in Somalia. In quelle strade di Mogadiscio si perde il senso di verità e giustizia. Quella che per tanti anni è stata la battaglia di Luciana e Giorgio Alpi, che oggi non ci sono più. Due persone che con compostezza, nonostante il dolore per la morte della propria unica figlia, si sono battuti con e contro la giustizia nella speranza di arrivare a dare un nome e un volto agli assassini della loro Ilaria.

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L’inchiesta sulla tangentopoli somala

A Bosaso, in Somalia,  Ilaria “stava facendo un’inchiesta sulla tangentopoli somala legata alla tangentopoli italiana”, così come risulta dalla testimonianza di una fonte confidenziale del Sisde di cui non è stata rivelata l’identità nel 2002 durante il processo di Appello bis contro Hashi Omar Hassan da parte del capo del Sisde Mori che, chiamato a testimoniare tra gli altri, dichiara la fonte attendibile ma ancora in attività, specificando che la fonte dei servizi è diversa da quella della Digos di Udine: anche in questo caso l’allora dirigente, la dottoressa Motta non svela l’identità della sua fonte appellandosi all’articolo 203 del codice di procedura penale. Entrambe le fonti concordano sul movente: l’indagine che Ilaria stava conducendo sui traffici illeciti. Ma come è stato riferito dall’ex Sisde in questi giorni la fonte confidenziale è irreperibile. Notizia che è stata riportata nella richiesta di archiviazione avanzata dal pm e in attesa di valutazione del Gip.

Hashi Omar Hassan

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È necessario fare un passo indietro e precisamente al 12 gennaio 1998: è il giorno in cui il cittadino somalo Hashi Omar Hassan si trova a Roma per testimoniare alla commissione Gallo su presunte violenze dei soldati italiani in Somalia. Ma a Roma viene arrestato per concorso in duplice omicidio, indicato come componente del commando che ha ucciso Ilaria e Miran davanti all’hotel Amana, a Mogadiscio Nord. Richiesta d’arresto firmata dal pm Franco Ionta, che subentra al pm Pititto nella conduzione delle indagini. Ionta è il terzo pm ad occuparsi delle indagini sull’uccisione della giornalista.  Nel luglio del 1999 Hassan viene assolto dopo il processo di primo grado. Mentre il pm aveva chiesto la condanna all’ergastolo. Nel frattempo secondo una nuova perizia balistica, i colpi mortali sono stati sparati a bruciapelo a una distanza ravvicinata. Quindi sarebbe stata un’esecuzione (in seguito con la commissione parlamentare di inchiesta saranno effettuati nuovi esami e si parlerà di un colpo accidentale che avrebbe colpito prima Miran, attraversato il sedile e colpito anche Ilaria. Si rafforza la tesi del colpo accidentale, ndr).

Nel 2000 la Corte d’Assise d’Appello condanna, ribaltando la sentenza del processo di primo grado, Hassan all’ergastolo. La Cassazione annulla la sentenza d’appello limitatamente all’aggravante della premeditazione ma conferma la condanna per omicidio volontario, rinviando il procedimento per un nuovo esame ad altra sezione della corte d’assise d’appello. Nel 2002, a giugno, la corte d’Assise d’Appello di Roma riduce la pena a 26 anni di reclusione per Hashi. E ancora nel 2002 vengono ascoltati altri testimoni, tra questi il capo del Sisde Mori, che si rifiuta di fare il nome della fonte confidenziale perché ancora in attività. Ma precisando che si tratta di una fonte diversa da quella della Digos di Udine, ma che è attendibile. È il 2004 quando si insedia la commissione parlamentare d’inchiesta, presieduta dal presidente Carlo Taormina, sul caso Alpi-Hrovatin che conclude il suo lavoro nel 2006 senza una relazione unanime, presentando tre relazioni distinte. Secondo il presidente Taormina si è trattato di un rapimento fallito. Sono tanti i documenti che vengono secretati. Nel 2007 il pm Ionta chiede l’archiviazione del caso ma viene respinta dal Gip che delinea un movente ben preciso: la giornalista e l’operatore sono stati uccisi per impedirgli di riportare in Italia quando avevano scoperto in Somalia sui traffici illeciti.

Nel 2012 il processo per calunnia nei confronti di Gelle (testimone chiave, colui che accusa Hashi di far parte del commando che ha ucciso Ilaria e Miran) viene chiuso per prescrizione. Nel frattempo Gelle è sparito per la giustizia italiana. Tuttavia nel 2015 una giornalista della trasmissione “Chi l’ha visto” lo trova in Inghilterra. L’uomo afferma alla giornalista che Hashi è innocente e che lui non era un testimone dell’omicidio e che gli avrebbero chiesto di indicare un uomo.

La desecretazione di alcuni atti della commissione Ilaria Alpi e Miran Hrovatin

Nel 2014 vengono desecretati alcuni documenti della commissione d’inchiesta sul caso Alpi-Hrovatin. E ancora nel 2014, gli avvocati di Hashi ottengono dalla corte d’Appello di Perugia la riapertura del caso. Il processo si conclude a ottobre del 2016 con l’assoluzione di Hashi che nel frattempo ha scontato una pena di 17 anni. Una nota importante è che la sentenza parla anche di depistaggi di ampia portata per impedire di arrivare alla verità.

La richiesta di archiviazione: luglio 2017

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Nel luglio del 2017 la procura di Roma chiede di nuovo l’archiviazione del caso. Ad aprile del 2018 durante l’udienza per discutere la richiesta di archiviazione è la stessa procura che chiede di non archiviare il caso sulla base di intercettazioni risalenti al 2012 tra cittadini somali che parlano dell’assassinio di Ilaria, che sarebbe stata uccisa da italiani. Intercettazioni che vengono inviate a Roma dalla procura di Firenze. Reputate inutili ai fini di nuovi accertamenti, i primi giorni di giugno il pm chiede di nuovo l’archiviazione del caso. A fine giugno il gip di Roma respinge la richiesta di archiviazione e dà al pm altri 6 mesi per fare ulteriori indagini sulla morte della giornalista.

25 anni dopo la morte di Ilaria e Miran

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Proprio nei giorni che precedono il 25esimo anniversario della morte di Ilaria e Miran i legali della famiglia Alpi hanno consegnato l’atto di opposizione all’archiviazione dell’indagine. Secondo gli avvocati Carlo Palermo e Giovanni D’Amati ci sarebbero spunti investigativi. I due avvocati citano tra gli altri  la sentenza di primo grado legata all’uccisione di Mauro Rostagno, all’audizione del generale Mario Mori in Commissione parlamentare, alla sentenza di Palermo sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia e ad alcuni appunti della stessa Alpi e di atti desecretati nel 2014. Anche la federazione della stampa, l’ordine dei giornalisti e l’Usigrai hanno depositato l’opposizione, chiedendo di rivelare la fonte confidenziale che nel 1997 aveva parlato del movente.

Da Palermo un libro sulla giornalista del Tg3 Ilaria Alpi

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Il 9 marzo 2018 è stato pubblicato a Palermo il mio libro “Ciao, Ibtisam! Il caso Ilaria Alpi”, edito da Informazione libera. “Ibtisam” è la traslitterazione della parola araba che significa sorriso. Un omaggio a Ilaria che tutti conoscevano per quel sorriso che non la abbandonava mai. Un omaggio a lei che tanto amava il mondo arabo. È un libro inchiesta, ma che non ha la pretesa di aver scoperto delle novità sulla morte della giornalista italiana Ilaria Alpi uccisa a Mogadiscio il 20 marzo 1994 insieme all’operatore Miran Hrovatin, ma che ricostruisce, come tessere di un mosaico, tutta la storia di Ilaria Alpi, tra inchieste e depistaggi. È il seguito di una tesi di laurea, che i genitori di Ilaria avevano tanto apprezzato, da qui un rapporto epistolare, poi telefonico, e la “speranza di potersi abbracciare a Roma”, come mi avevano scritto in una lettera, inserita in appendice nel mio libro. Quel viaggio purtroppo non ho potuto farlo. Quell’abbraccio però c’è stato ugualmente, se non fisicamente, con le parole affettuose che mi sono arrivate da Luciana e Giorgio. Il 20 settembre, ancora una volta, non sarò fisicamente a Roma al presidio, ma è come se fossi lì. Ancora una volta, con un contributo scritto.

Serena Marotta

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